Gregorio Prada Castillo



GREGORIO PRADA CASTILLO

Artista colombiano, lavora in diversi campi dell’arte moderna e contemporanea. Ha partecipato a numerose mostre e manifestazioni artistiche collettive ed individuali;  oltre alla pittura  si dedica alla fotografia ed alla grafica. Ha presentato opere multimediali usando registrazioni soniche e proiezioni di luce  ed immagini. Le sue opere si distinguono per l’uso di tecniche e materiali alternativi. Negli ultimi anni  si è soffermato  sul tema  dell’iconografia precolombiana, presentandosi in diversi gallerie e scenari.


Datti anagrafici
Cittadinanza: colombiana.  Nato a Mogotes (Colombia) il 23/08/1970
Residenza Via di Mezzo, 34 / interno 28 – Rimini  47922.  RN. Italia
Tel. 320 6985100    Email : gregorupc@yahoo.it
Formazione
§   Attualmente segue il corso d’Arte figurativa all’Accademia Umberto Folli.
§   Laureato  in Architettura all’Università Nazionale di Colombia.  Anno 2004.
§   Laureato  in Scienze Politiche ed Amministrative all’Escuela Superior de Administración Pública  ESAP a Bogotá.  Anno 1996.
§   Per due anni ha fatto  la Scuola d’Arte moderna all’Università Nazionale di Colombia.  Anni 1991 – 1993.
§   Diplomato  Geometra  dall’Istituto per Geometri Odone Belluzzi, di Rimini. Anno scolastico 2006 – 2007.

Esposizioni e proposte artistici
2011
 





2010
- Mostra personale. Galleria WikiArte. Bologna
- Mostra didattica collettiva. Accademia d'arte Umberto Folli. Miramare
- Mostra personale.Hotel Rubens Rimini 
- Mostra collettiva inaugurale. Galleria WikiArte. Bologna
- Mostra fotografica collettiva “Sbarcare il lunario”. Rimini Palazzo del Podestà
- Expo officine artistiche 2010. Galleria WikiArte. Officine Miganti Bologna.
- Expo officine artistiche 2010. Galleria Wikiarte. Officine Miganti Bologna.
- Progetto artistico collettivo “El Mapa de la Tierra” presetato a Rimini nella settimana contro il razismo ed al festival Interazione 2010. 




2009
- Expo S. Valentino. Hotel Boemia. Riccione.
- Progetto artistico collettivo “El Mapa de la Tierra” presentato a Rimini nella settimana contro il razzismo e al festival Interazioni 2010.
- Concorso di fotografia sulla Movilita. Volonta Rimini.    
- Salone d'Arte. Maximo Florez. San Joaquin, Colombia 
2008
- Festival artistico: Dei diletti e delle pene. Casa POMPOSA. Rimini.    
- Salone d'Artisti. Juan de Dios Arias. Mogotes, Colombia
- Salone Regionale d'Arte. Charala, Colombia
2007
- Big SUR Collettiva contemporanea latinoamericana. CENTR’ARTI. Republica di San Marino.  
-Tracce dall’America. Libreria galleria  Indipendente / interno 4. Rimini. *
- Festival Riccione Arte a Mare. Anonima Talenti; CBR. Riccione.
- Outlet della pittura. Anonima Talenti - Colonia Comasca   Bellariva Rimini.
- Ritratti e disegni. Sant’Arcangelo.  
2006
- I Colori della Città. Anonima Talenti - Palazzo del Podestà. Rimini.  *
- Tutti i colori, Berardi Art Gallery . Via Olivetti, Miramare  Rimini. 
- Pittori a Corte, Castel Sismondo,  Rimini.
- Colore in piazza. Anonima Talenti.  Piazza Cavour,  Rimini.  *
2005
- I Colori della Città concorso estemporaneo organizzato da Anonima Talenti,  Rimini.  
 - Pittura e scultura nel circuito turistico di Santander. S. Gil Colombia.
2002
- Programma Colón Elettronico. Teatro Colón di Bogotá, salone  “Mallarino”.  
2001
- VIII Salone Regionale. Fondo Misto di Cultura - Ministero della Cultura.  Museo d’Arte Moderna di Bucaramanga. Colombia.
2000
- Mostra collettiva di Arte. Fondazione Gilberto Alzate Avendaño. Bogotá.
1998
- 37 Salone Nazionale di Artiste. Ministero della Cultura. Corferias, Bogotá.
- Progetto: Oir es Ver  (Sentire è vedere),  www.oir es ver // gregorio prada.  *
- Arte e cultura. Charalá Santander. Colombia.
1997
- VII Salone Regionale di Artiste. Fondo Misto di Cultura - Ministero della Cultura. Stazione della Sabana, Bogotá..
-Travesías (Sentieri). Casa della cultura. Cajicá.
- Encuentro (Incontro). Gallería Pirámide. Bogotá.
- En torno al jardin  (Attorno al giardino) Giardino Botanico. Alcaldía  Distrital, Bogotá.
1996
 
- Tres para ver (Tre per guardare). Cerchio Culturale Cercando América. Bogotá.
- Tres pintores Tre pittori. ESAP. Bogotá..
1988
- Omaggio al Maestro Luís Roncancio. Casa della cultura di San Gil. Colombia .
Altre
- Colezione:  Pannelli per la vita. Progetto da Azienda USL di Rimini.
Riconoscimenti
§ Premio al Concorso di pittura:  “Icolori della città”  Rimini, ottobre  2005.
§ Primo posto al Concorso: “idee innovative”, Università Nazionale di Colombia   Progetto: “Consultorio mobile d’abitazioni popolari”.   2003.
§ Borsa di studio attribuita dalla DINAIN Direzione Nazionale di ricerca - Università Nazionale di Colombia. Per il progetto: “Paesaggio Sonoro :  Identità e memoria nella Università”.  2001.


TESTI CRITICI DI RIFERIMENTO
Lo scorrere rapido degli occhi sui lavori del'artista Gregorio Prada Castillo prende subito il sapore di un incantesimo da risvegliare, di un rito che si compie tra il fumo e il caldo di un fuoco e il blu nerasto di una notte stellata, nei profumi e nei bisbigli di una natura selvaggia. Come uno sciamano l’artista ci guida alla scoperta di un mondo sconosciuto e misterioso, fatto di una saggezza non scritta ma tramandata e impressa sulla pelle in modo quasi più efficace rispetto alle pagine rilegate in un libro. Sono opere incredibilmente immediate, portatrici di una cultura lontana da quella europea, antropomorfa e principalmente figurativa. È un’arte simbolica e carica di magia, in cui colorati ideogrammi si imprimono su supporti che ricordano le pelli conciate o le pareti grezze di qualche roccia fredda. Linee sinuose, zig-zagati contorni di curve morbide e arricciate, motivi vorticosi e spiraleggianti; tutto ci riporta alle civiltà Maya e Inca, dove l’esplosione di colori e luminosità erano celebrazione e ringraziamento per la ricchezza offerta dal mondo naturale. Un patrimonio iconografico che si fa decorativo, proprio come Gaudì aveva insegnato rendendo Barcellona opera d’arte a cielo aperto. Una figurazione che fa parte del passato dell’artista  e che affonda le sue radici in una cultura assolutamente da riscoprire per la sua ricchezza speziata e piena di dettagli. Una cultura che l’artista decide di portare su di sè come in una serie di tatuaggi, o in vestito cucito su misura. A dimostrazione che l’arte, soprattutto quella con profonde connotazioni etniche, va vissuta non soltanto alle pareti, ma anche e soprattutto addosso a se stessi. Per non dimenticare da dove si proviene, qualunque posto la vita ci porti ad esplorare.
 critica di Jessica Forlai. Bologna aprile 2011
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L’Artista colombiano Gregorio Prada Castillo spazia tra diversi ambiti della pittura moderna e contemporanea. Si dedica, oltre alla pittura, alla grafica ed alla fotografia. Ha presentato anche opere con proiezioni di luce ed immagini con registrazioni sonore. Espone dal 1998. In tempi recenti si è dedicato al tema dell’iconografia precolombiana.
Il suo stile è iconografico, semplice e stilizzato che, come i murales meso-americani, combina colori caldi, ricordando tempi lontani ed ancestrali. Le figure rappresentate sono di semplice realizzazione, formate da tratti puliti, di immediata lettura.
critico d’arte Margherita Calzoni. 2010
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La ricerca espressiva di Gregorio Prada Castillo,  pittore colombiano, si è sviluppata da quando alcuni anni fa ha abbandonato la terra d’origine per venire in Italia - essenzialmente in una direzione: quella dell’ iconografia precolombiana.
Con questo non voglio certo dire che la sua sia  una fredda operazione di ricerca fatta a tavolino: come minimo sarebbe riduttivo. A mio avviso, non si tratta nemmeno dell’opera ostentatamente malinconica tipica di una certa retorica dell’emigrante e dell’emigrazione: la ricerca, questa ricerca di GP, ha infatti avuto inizio molto prima della sua partenza per l’Italia; oltretutto GP non è orgoglioso né geloso del proprio cordone ombelicale e la malinconia non è certamente l’ emozione che lo contraddistingue. Guardando i suoi quadri, non si può però fare a meno di intuire lo sforzo della memoria che c’è dietro ogni particolare, dietro ogni dettaglio. 
I soggetti delle sue pitture sono unicamente figure della mitologia precolombiana, o ballerini atteggiati nei costumi rituali. Come presso i decoratori delle terrecotte arcaiche, spesso si trova ripetuto, con varianti impercettibili, l’identico disegno.
Gpc ci propone una visione generale dell’arte precolombiana: non si limita a guardare, aripetere, le figure Maja o Inca o Chibchas, o di qualche altra civiltà  sudamericana in particolare. GPC vuole riprodurre una visione d’insieme di tutte le culture precolombiane,  una visione che spazi dal Nord al Sud America, dalle tribù dell’Alaska,  alle popolazioni del Messico, dell’Equador, della Colombia,  dell’Argentina, del Cile: ed è proprio in questi crocevia, in questi punti d’incontro delle culture più varie, che c’è da aspettarsene di tutti i colori.
… GPC ha voluto ridurre, per quanto possibile, le espressioni artistiche precolombiane ad un suo personalissimo minimo comun denominatore: in questo probabilmente consiste il carattere più affascinante e originale di tutta la sua opera.  
Anche se finora queste maschere sacre e figure di danze Hopi e Zuni, Inca e Maya, le abbiamo ammirate - magari sulle pagine di National Geographic, magari in qualche programma televisivo - solamente dal punto di vista etnico e in rapporto alla storia delle religioni, attraverso l’interpretazione datane  da questo giovane pittore latino americano possiamo cominciare a interessarcene anche dal punto di vista dell’arte contemporanea.
Così particolare, questa vena figurativa (sviluppata da GPC)  trova comunque la sua unica origine nella terra americana; e non trapiantata dagli studi e dalle botteghe d’arte italiane: questo anche se l’arcaismo di fondo, in queste pitture, non esclude strizzatine d’occhio che fanno pensare alle schematizzazioni di certe copertine di riviste, di certi manifesti pubblicitari…  
Osservando questi dipinti, subito colpisce la loro vicinanza all’arte orientale, ed è fatale: per l’arte precolombiana, il richiamo all’Oriente ha spesso una sua valida ragion d’essere: dall’Alaska a Città del Messico, al Perù, Colombia, Bolivia, Cile... E le molteplici concordanze fra certe decorazioni, nelle ceramiche del Nuovo Messico, e motivi d’arte Persiana, dell’India e delle isole del Pacifico, sono facilmente rilevabili nell’arte precolombiana e, di riflesso, nell’attenta pittura di GPC.
Come le antiche pitture cinesi, di preferenza esse raffigurano divinità, spettri, mediatori tra Natura e  Soprannaturale, gerarchie ermetiche. Le rassomiglianze nello spirito si confermano, necessariamente, nei caratteri tecnici, quanto sia possibile il confronto tra i prodotti di tradizioni raffinatissime, (Inca, Chibchas, Maya ecc.), e quelli di tradizioni rozze e mescolate, come quella dell’Arizona e del Nuovo Messico. Valgano, tra tali caratteri: l’uso prevalente della linea e l’assenza quasi completa del chiaroscuro e modellato, l’impiego del colore ad esaltare l’arabesco lineare, il profilarsi delle figure contro grandi spazi vuoti e, in contrasto con il lirismo delle evocazioni, la miniaturistica precisione dei particolari.
Ed ecco, a passo di corsa, un guerriero vestito come Arlecchino, a scacchi di tutti i colori,   inseguito da un altro, identico, ma tutto nero (un altro guerriero, un sacerdote? Oppure c’è un riferimento al Sole allo Zenith, tallonato da  Nadir, la sua ombra). Ecco una figura che si richiama alle figure ciclopiche Nazca che si possono osservare, in tutta la loro vertiginosa bellezza, solo da un aeroplano.  
Ecco la inseparabile coppia di pagliacci che, nelle sacre cerimonie, mettono una  nota di farsa: zebrati di nero sul corpo nudo, e in testa ingombranti corna di alce . Ecco il dio del fuoco, con quella subdola aria di furbacchione e furfantello che gli si  rifila in tutte le mitologie. E poi Shalako, gigante intercessore della pioggia, con una corona di piume e una specie di tunica candida.
Qui a Rimini, e sono già passati tre anni, ho visto per la prima volta una consistente raccolta di disegni acquerellati di GPC, e ricordo ancora l’emozione che ho provato. Strana sensazione: era come avere tra le mani, tradotta in un linguaggio moderno e a me comprensibile, l’opera d’un indiano Hopi o Zuni o Kiowa, o di chissà quale altra tribù dispersa nell’immenso continente nordamericano; e, allo stesso tempo, dell’erede autoconsapevole di chissà quale popolo del Messico o del Sud America, tanto bene riproduceva il clima fantastico di quelle altissime civiltà di sacerdoti e astronomi.
Ho già detto che i soggetti dei disegni sono figure della mitologia indiana, o ballerini delle «danze sacre» e che questa circostanza spiega almeno in parte come, finora, i disegni stessi abbiano soprattutto fissato l’attenzione dal punto di vista rituale, folcloristico ed etnografico.
Fra i disegni caratteristici da me esaminati: uno,  rappresenta una scena della «danza del serpente»; ed offre la rara particolarità d’uno sfondo alle figure, con le casupole, le finestrelle e, poggiate le scale a pioli per salire sul palco che fa da tetto e da terrazza; uno sfondo che ricorda i casolari del pueblo dei film western; o le moderne favelas . È a tinte cariche e bruciate; rosse le mura più  del vero; e i celebranti abbigliati con i soliti gonnellini; e sul viso una maschera, o forse una truccatura a nerofumo e biacca.
Ed ecco ancora altri due disegni con immagini di danza; impostato il primo su delicati rapporti di bianco, marrone e rosso vivo; l’altro, su rapporti di grigio, verde erba e azzurro cupo. Le tinte sono grasse e corpose, e non definite entro un segno calligrafico, come in tanti altri di questi lavori.  L’unico vincolo realistico, in tutti questi disegni, è nella meticolosa precisione con la quale sono definiti, per effetto della tradizione rituale, i particolari delle vesti, i motivi e colori dei ricami, il piumaggio che arricchisce le maschere. E chissà se è possibile - a un occhio esperto - chiarire il significato simbolico di tali minuzie.
Non saprei dire se GPC, in quegli  acquerelli in cui enfatizza le concordanze tra i motivi decorativi di disegni, ricami e terrecotte Hopi e Zuni, Inca e Maya, con motivi dell’arte cipriota, egiziana,  persiana, indiana e del Pacifico, abbia voluto prendere posizione a favore di quegli studiosi che, dalle affinità di quei motivi e da altri elementi, vorrebbero dimostrare una diretta influenza, dal mar Mediterraneo e dall’oceano Indiano all’America del Nord. Oppure voglia negare certi  influssi per spiegare le  affinità con il concetto che, alle epoche più diverse, e nelle civiltà più disparate, ma giunte ad uno stesso grado di evoluzione nella visione pittorica, si hanno spontaneamente prodotti somiglianti.
Ancora due acquarelli di piccole dimensioni, e fra i più pregevoli: il primo rappresenta un essere enigmatico, forse un dio; l’altro un personaggio dalla maschera sferica. La maschera è fermata intorno al collo della figura, da un orlo  cilindrico a strisce nere e bianche. E sotto pende una sorta di pettorale. La tunica del dio è a ricami neri, azzurri e verdi; il pettorale della figura a maschera sferica, richiama mille arabeschi.
La fattura è ibrida; con timidi tentativi di suggerire il volume, per mezzo di ombre a matita e sanguigna. Ma c’è un senso vivissimo del movimento: barcollante e quasi bestiale nel personaggio dalla maschera sferica; angoloso e artificiale nell’altro, e simile allo strampalato movimento di ingranaggi di un gioco meccanico, che si scomponga e ricomponga sotto i nostri occhi, con sempre nuovi incontri di linee e di colori.
Infine una sorta di lemure,  i cui  caratteri si combinano in una  maniera al quale, dal punto di vista iconografico, non ho trovato confronto. Forma strana e inquietante che però si trova al centro di tutta la pittura di GP: questa figura (più meccanismo che organismo, allo stesso tempo  creatura primordiale e entità futuribile) dalla testa a cupola (quasi un casco tecnologico) e dall’anatomia scomposta, si presenta, nella pittura di GPC, come quella dell’eterno e autentico interprete dello spirito di tutta l’America, quella delle antiche civiltà e quella delle moderne megalopoli; quella degli spazi infiniti e quella delle bidonville; alla stessa maniera che, viaggiando tra le isole della Grecia, ancora sembra udire un’eco del canto delle Sirene, o come nelle foreste dell’India, si sente, in quei paesaggi aggrovigliati, come una presenza delle migliaia di dei Indù…       
Concludocon una nota personale: da consumatore accanito di cinema americano (e non solo statunitense), vorrei aggiungere che  in quei film la notte americana, disseminata, nelle megalopoli del nord e del sud, ma anche nelle campagne, anche nelle favelas, di edifici eternamente illuminati, di manifesti pubblicitari multicolori, di mezzi meccanici esagerati e dalle luci abbacinanti, con le stazioni di rifornimento e i motel scintillanti di tubi al neon; dicevo, nello spettro cromatico di quei film,  non posso fare a meno di riconoscere il gusto di colore che si manifesta negli acquerelli e nelle pittura a olio di GP.  Le stesse note, gli stessi accordi, che sembrano accennare, al pari del “lemure” appena descritto, alla sopravvivenza d’un anima, di un respiro originario, sulla vertigine della civiltà meccanica e l’affascinante miscuglio di mille culture e di mille razze.
Esiste poi un altro GPC: non solo pittore, ma fotografo e ideatore di istallazioni. Un GPC eclettico e sorprendente del quale, speriamo presto, avremo di certo occasione di parlare… 
Gabriele Arrettini. Rimini novembre 2008
L’artista Gregorio Prada Castillo va oltre l’iconografia, ma la realtà della figura sembra sempre sul punto di comporsi, di realizzarsi. C’è qualcosa di sfuggente nella sua pittura e che l’artista cerca di fermare. È il tempo che si dissolve nella solarità e nelle nebbie dei colori; è la vita trascorsa nelle strade del passato che torna nella luce inafferrabile della memoria e della poesia.
Franco Ruinetti (Pennelli per la vita) 2007
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La proposta artistica di Gregorio Prada Castillo si concentra sull’uso del colore come espressione visuale e interpretazione mentale; un’esperienza che l’artista porta all’estremo proponendo una pittura fatta dei colori della luce, mescolati con quelli dello sfondo e con qualsiasi elemento atto a produrre una sensazione visiva, fino a sfociare nell’immagine fotografica.
Filo conduttore della sua opera è un’indagine sulla cultura latinoamericana, che presenta una reinterpretazione dell’iconografia antica, soffermandosi sulla rappresentazione della figura umana. Gioca sulla figurazione grafica del corpo e del viso mettendo in scena l’icona del Dorado, uno dei miti che attirò i conquistatori spagnoli nel XV secolo nell’esplorazione del territorio americano, in pratica l’area dove oggi si localizza la città di Bogotà, capitale della Colombia.
La civiltà precolombiana è assai ricca, popolata d’idee, leggende, immagini, disegni e simbologie che parlano della diversa visione del mondo e della natura. Nella presente mostra l’artista ne dà una sua interpretazione, cercando appunto di costruire nuove espressioni. Ogni dipinto trova una relazione simbolica e visuale con l’iconografia precolombiana, infatti le sue tracce guidano il disegno sistemando la struttura visuale che scorre e ordina la superficie pittorica.
Critica di Pablo de la Montagna. Rimini settembre 2007
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L'arte di Gregorio Prada Castillo, architetto colombiano residente a Rimini, parte dalla ricerca sul colore. Ognuna delle tre opere presentate in concorso spicca proprio per la forza del contrasto cromatico, che evoca la forza struttura dei monumenti riminesi raffigurati.  È forte cosi anche il collegamento al tema dell'estemporanea, tanto che utilizza addirittura alcuni frammenti del suo manifesto e della sua grafica, in un collage di intensa suggestione.
colore della Citta. Anonima Talenti.